Il libro
Era solo, nella sua vita virtuosa, era solo e incompreso. Come Gesù, solo, crocifisso in seguito “alla lavata di mani” di Ponzio Pilato, anche Diego Armando Maradona ha subito lo stesso torto, la stessa imperdonabile diffidenza da chi ha ben pensato di sfruttarlo e abbandonarlo nonostante le manifestate richieste d’aiuto. Come il Messia, Maradona è stata la persona più vicina a poter fare miracoli in terra 1960 anni dopo l’avvento del figlio di Dio, stavolta su un campo di calcio e con un pallone. Tanti hanno voluto prendersi la scena, soprattutto dopo quel nefasto 25 novembre scorso, ma la storia travagliata di un Dio(s) così pagano, fragile e umano, non può essere raccontata meglio se non nel libro di un navigato giornalista come Salvatore Biazzo. 60 d.D. (Guida Editori), è il titolo dell’opera, intende sviscerarla affondo, sconsacrandone i segreti che solo una grande storia di un grandissimo personaggio può offrire. E lo fa – caso ha voluto – in 100 pagine: è il Diego che si moltiplica al Maradona, la perfezione al quadrato.
Luci e ombre del D10S
Un profeta in missione per il riscatto sociale dei più deboli, degli ultimi contro i poteri forti rivoluzionando per sempre la biblica storia del calcio. Nato nell’Argentina più profonda ma con tratti da scugnizzo partenopeo, fu capo popolo di un’intera città, quella di Napoli, che aveva bisogno di una ragione per risollevarsi, tra le mille difficoltà che aveva e che ha tuttora e che lo ha accolto in un amore soffocante. È una rincorsa malinconica ma piena di suggestione, una cavalcata verso la porta avversaria dopo una funambolica serie di dribbling quella che racconta Biazzo nel libro: dalla ricerca di un Maradona “scomparso” in Argentina, ai ricordi dei vecchi fasti col Napoli, fino all’insaputa vicenda del tentato suicidio avvenuto a Cuba durante il periodo della riabilitazione. Vengono svelati aneddoti in cui ne esce una figura di Diego ancora più limpida di quello che i suoi nemici – soprattutto dei piani alti – avrebbero voluto far passare. Biazzo con estrema lucidità racconta anche, anzi soprattutto, del “lato oscuro” della Luna, la sfera più intima e nascosta dell’uomo che fu.
La vida es una tombola
Le cattive compagnie, culminate nel Mondiale del ‘94 quando venne prelevato dal campo poiché risultato positivo all’antidoping (per efedrina, assunta tramite un integratore) durante un match contro la Nigeria, un avvenimento mai visto in un torneo di così alto spessore. Il modo con il quale chiuse, di fatto, la sua esperienza da calciatore dell’Albiceleste è stato un tradimento, uno di quei loschi raggiri voluti dalla FIFA allora presieduta dal diabolico Blatter. I problemi col fisco (risolti solo post mortem nel 2021), le discusse relazioni sentimentali, il rapporto costante ma non sempre idilliaco con il presidente Ferlaino: erano tutti segni di umana debolezza ma che in campo si tramutavano in encomiabile genialità condite da sprazzi di malizia: come quel gol beffardo contro l’Inghilterra nel mondiale ‘86 in cui siglò la Mano de Dios, ovvero una rete furbescamente segnata col pugno.
Vi è tutto questo in 60 d.D. raccontato da chi lo ha seguito con discrezione senza il bisogno di creare scoop scandalistici per effimeri interessi personali. E se è vero che la vita es una tombola come canta Manu Chao, Maradona è stato per chi lo ha amato il 72, ‘a meraviglia.