La vittoria dell’astuta semplicità: contro la Fiorentina Mazzarri rimane se stesso e ottiene la seconda vittoria consecutiva, conquistando la finale di Supercoppa
Nel calcio a volte servono gli operai, o meglio i maestri artigiani che, per conoscenze, non hanno nulla da invidiare a certi ben più sponsorizzati e sedicenti filosofi. Walter Mazzarri conquista la qualificazione alla finale di Supercoppa con il sacrificio di una squadra priva di molti suoi elementi. Allora nel modulo si opta per un 3-4-2-1, che diventa 5-4-1 in fase di non possesso, con il solo Simeone a predicare davanti nel deserto di maglie viola. Una restaurazione, più che una rivoluzione, che però funziona. Un ritorno ad uno status quo abbandonato da 12 anni, roba che neanche al Congresso di Vienna. Con la Fiorentina che va in tilt, aspettandosi evidentemente di trovare una squadra molto più alta, anche nel pressing. Senza mai riuscire a scavalcare le linee azzurre per trovare poi gli spazi giusti da dirigersi verso la porta presidiata da Gollini. Mazzarri nel post partita lo ammette chiaramente: “Ho pensato che Italiano preparasse la stessa partita dell’andata al San Paolo quando la Fiorentina ha vinto 3-1 – sì mister, chiamalo così il nostro stadio, come piace a noi, non ce ne voglia Santo Diego – per questo ho pensato di metterla in difficoltà con un altro modulo”.
Lezione tattica
Ma la novità mazzarriana non è tale. Anche perché la difesa a tre è stata già provata nelle precedenti due partite, seppur non dal primo minuto come oggi. La Fiorentina vittima dell’incantesimo dello stregone Walter, pur dominando nel possesso per larghi tratti della partita, non appena il Napoli alza i giri del motore, trovando una verticalità che tanto è mancata nelle recenti prestazioni, si fa bucare dalle frecce azzurre. Un Juan Jesus sontuoso s’innalza a Bastoni dell’Inter, o a Bremer della Juventus, o meglio ancora quello della Torino granata allenato proprio dal tecnico di San Vincenzo, tentando diverse uscite palla al piede. Una delle quali fatali per il portiere viola Terracciano, in quanto il brasiliano, imbeccato poco prima da un delizioso scavetto di Kvaratskhelia, riesce a trovare un filtrante che mette Simeone davanti alla porta. E dunque è gol, il Napoli sblocca la partita. La Fiorentina le prova tutte per ribaltarla. Per la Viola, il solito Ikoné spreca l’occasione di un rigore abbastanza dubbio. Nella ripresa Italiano affianca all’argentino Beltran un altro panzer, l’angolano Nzola, sostituendo inoltre un impalpabile Brekalo per Sottil. Nulla di fatto, gli azzurri mantengono la porta inviolata fino alla rete del kamikaze Alessio Zerbin, inserito al posto di Mazzocchi, che immolandosi, riesce a segnare di sinistro, sbattendo però la testa sul palo. Si riprende dopo pochi minuti, riuscendo a firmare un personale raddoppio grazie ad una bella azione in volata, con un tiro chirurgico, dopo un pallone recuperato sulla trequarti. Due dati: la Fiorentina vince il dato del possesso palla con il 60% ed effettua 16 tiri, di cui solo uno in porta. Il Napoli con la metà dei tiri, centra quattro volte la porta, realizzando 3 gol. Chissà se anche un allenatore ”talebano” nelle idee tattiche come Italiano non abbia imparato la lezione. Nel calcio si vince sfruttando ciò che si ha, e non inseguendo chimere irrealizzabili senza averne i mezzi tecnici negli interpreti. Come il Napoli di Spalletti ad esempio.