Meret come Chance di ‘Oltre il giardino’
Alex Meret è probabilmente l’unico portiere della nuova generazione che non mette mai il piede oltre l’area piccola. L’estremo difensore del Napoli ogni partita che passa diventa sempre più un prigioniero volontario della propria zolla di campo, trincerandosi in un rettangolo di gesso grande 5,50 metri per 18 metri e rotti. Geometricamente si tratta di una superficie di 99 metri quadrati, abbastanza sufficiente quindi per sopravvivere in eterno sulla linea di porta e preferire di non uscire più dal proprio modesto recinto. Un modo di interpretare il ruolo obsoleto, fuori tempo e vintage. Oggi il portiere è plasticamente l’undicesimo uomo in campo, sigillatore di un gioco corale che viene propiziato dallo stesso estremo difensore, l’uomo in più. Meret è qualcosa di molto lontano da ciò. Ricorda romanticamente il protagonista di un film cult, che nella settimana aperta dalla premiazione degli Oscar, non può non balzare in mente a un cinefilo di primo pelo, quello di un livello più esperto. Si tratta del lungometraggio Oltre il giardino, diretto da Hal Hasby, con Shirly MacLaine e Peter Sellers che interpreta Chance, un giardiniere che per diversi anni ha offerto servizio a casa del suo padrone che muore improvvisamente. L’assurdo che si cela dietro la vita del nostro uomo è che lui non ha mai visto il mondo oltre il giardino dove ha lavorato se non attraverso la televisione, non ha mai esplorato i confini al di fuori del suo isolato, non è mai uscito in presa alta per concludere delle ostilità. Non si è mai tuffato all’angolino per sventare una palla insidiosa della vita mandandola in corner o portarla a una lotteria estenuante di calci di rigore contro il futuro. Dover attraversare appena il marciapiede per Chance è un trauma. In una scena si vede Sellers che batte timidamente l’asfalto, allungando il piede ma ritraendolo subito, tentando di spezzare le catene che lo tengono ancorato a quella dimora che per Meret rappresenta la porta, il suo posto sicuro.
Il confronto con i portieri delle big
Un rapporto tossico, provinciale, limitante, che all’azzurro gli è costato caro, visto che ha perso totalmente l’affidabilità e la certezza nel dirigere il reparto. Lo dimostrano i numeri. Quattro soli cleen sheet in tutto il campionato coadiuvati da una difesa colabrodo del Napoli di questa stagione disgraziata. Quello che cattura l’attenzione però sono i 43 tiri in porta parati su 68, per intenderci l’Inter ne subisce di più. In percentuale è il 66,2%, una media inferiore ai numeri Uno di Inter, Milan e Juventus (fonte: fbref.com). E le statistiche crollano vertiginosamente se si fa riferimento a delle situazioni che vedono il portiere dover uscire dalla gabbia della porta. Qualche altro numero che supporta la tesi che smaschera l’instabilità al di fuori dei pali del numero uno del Napoli c’è ed è schiacciante: davanti a 618 passaggi tentati in stagione sono 516 quelli riusciti, ovvero l’83,5%, gran parte di questi “non in gioco” (rimesse dal fondo, calci di punizione). Buoni numeri sembrerebbero, se non fosse che quando si tratta di imbeccare lungo la percentuale frana al 55,3%. Lo affianca Wojech Szczesny che ha il 55,2% ma lo scavalca di gran carriera Yann Sommer con il 61,6%, tentandone però giusto un centinaio in più (315 rispetto ai 215 del napoletano), e in totale realizzando 834 passaggi rispetto ai 516 di Meret. Qualche arguto lettore potrebbe ricordare che il Milan quest’anno abbia subito in Serie A sei gol in più del Napoli e che Mike Maignan non abbia dato le stesse garanzie degli anni scorsi. La sua percentuale di parate rimane rassicurante: il 76,8% con una realizzazione dei passaggi dell’84,3%, simile al portiere del Napoli ma con una copertura complessiva di campo maggiore. Sul lungo si assesta al 60,3% di tentativi riusciti, non eccezionale ma comunque davanti quindi al corrispettivo azzurro. Questi numeri potrebbero essere figli delle varie dinamiche di gioco e quindi suscettibili a variazioni che assolvono il guardiano di porta partenopeo.
Il problema ‘uscite’
Allora è il momento di battere sul tasto dolente: le uscite. Facendo riferimento al sito fbref.com, il Napoli ha subito con Meret in campo 246 cross in area, molti di meno rispetto alle prime tre della classe (317 Inter, 288 Milan, 404 Szczesmy). Si assestano a 4 le parate effettuate con successo dal portiere friulano. Media? 1,6%. Numeri impietosi che riflettono anche sulle poche volte che Meret tenta di uscire in presa alta. Sommer ne ha 15 su 317 (4,7%), Maignan 30 su 288 (10,4%), Szczesny 20 su 404 (5%). Nel calcio non c’è niente di più scoraggiante di una sensazione plurale, collettiva, pubblica che trova ristoro nei numeri scientifici di uno sport sempre più ancorato all’algebra, al calcolo della probabilità, alla dittatura della statistica. Chance è un uomo attempato, bizzarro, sprovvisto del senso dell’umorismo. Anche Alex Meret non ha dalla sua il carisma adatto che si richiede a un campione o un leader. Problemi attitudinali, il soffrire le critiche, la solitudine del ruolo, le alte aspettative che non rispetta in campo sono il germe del rapido declino del portiere del Napoli, al bivio della sua carriera, che lo portano a chiudersi nel proprio giardino. Ormai da tanto tempo non raccoglie più le simpatie di gran parte dell’opinione pubblica che lo scarica di frequente con feroce disprezzo. Una trama che sembra celare per lui un finale infausto, totalmente diversa da quella, surreale e grottesca, magistralmente raccontata nello splendido film del 1979, il penultimo di Peter Sellers.