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«Il Napoli, Meret e il futuro del ruolo del portiere» | Intervista a Gennaro Iezzo

Olé, olé, olé, olé, Iezzo, Iezzo”. Gennaro Iezzo, è stato forse l’ultimo portiere del Napoli a ricevere un coro ad ogni riscaldamento da parte di tutti i settori di uno stadio Maradona – allora San Paolo – molto più tumultuoso e popolare di adesso. Un omaggio di cui pochissimi calciatori possono vantarsi. Altri tempi, ancora non sbiaditi nei ricordi, quando c’era da intraprendere la cavalcata dalla Serie C alla Serie A, per poi iniziare a dimostrare di essere il Napoli, anche con il ritorno nella massima categoria. Iezzo, 119 presenze in maglia azzurra, ed una militanza tra i pali in piazze importanti come Cagliari, Catania e Verona, oggi fa l’allenatore: l’ultima esperienza in seria A bulgara dove ha salvato il Botev Vratsa la scorsa primavera. Attualmente segue da vicino gli allievi della Stabia Academy, la sua scuola calcio. Lo abbiamo contattato telefonicamente per un’intervista esclusiva sul momento del Napoli, lo stato di forma di Meret, le nuove leve di portieri italiani che si stanno facendo largo in serie A e il futuro del ruolo, da sempre il più delicato. 

Iezzo, dopo un avvio un po’ altalenante, il Napoli è una squadra in via di guarigione grazie alla vittoria di Salerno? 

«Sento tanti addetti ai lavori dire che era una partita facile e che per questo motivo non si può dire ancora, in base a quanto visto contro la Salernitana, che il Napoli stia iniziando a guarire e ritornare quello di una volta. Penso, invece, che il Napoli abbia fatto una buona partita contro una Salernitana agguerrita, perché certamente ha bisogno di punti e soprattutto perché si tratta di un derby molto sentito in Campania. Il Napoli ha fatto delle buone gare: in altre partite a tratti abbiamo rivisto quel Napoli che tanto ci ha fatto divertire. Deve però ritornare ad essere un po’ più continuo rispetto a quello che è l’andamento di questo campionato, perché l’anno scorso la differenza l’ha fatto proprio questo fattore. Un equilibrio nei risultati che ha permesso al Napoli di fare un campionato straordinario». 

In merito a qualche risultato negativo, c’è qualcosa che non ha funzionato a livello tattico finora o siamo di fronte ad un problema “di testa” della squadra? 

«Penso un po’ tutte e due. Non so se adesso si possa fare un discorso sull’appagamento, perché non è mai facile ripetere qualcosa di grande come ciò che ha realizzato il Napoli lo scorso anno. Non è facile ripeterlo, soprattutto per le squadre con tantissimi giocatori giovani alla prima vittoria personale in un campionato come quello italiano. Altri club, abituati storicamente a vincere, riescono più facilmente ad avere quella continuità negli anni. Il Napoli da quel punto di vista deve crescere, così come i calciatori. Però, c’è qualcosa da rivedere anche dal punto di vista del gioco: in particolare in fase di non possesso. Il Napoli in fase di possesso le sue occasioni le crea, il problema arriva quando devono muoversi in fase di non possesso, dove facilmente le squadre avversarie, molto spesso con pochi passaggi, si ritrovano davanti alla difesa del Napoli. E questo è sicuramente un qualcosa da migliorare». 

Da portiere, un suo giudizio sull’attuale stato di forma di Alex Meret, che sembra essere sempre messo in discussione da una parte della piazza napoletana. 

«Credo che questo ragazzo stia vivendo una situazione paradossale. Parliamo di uno che ha vinto uno scudetto, mettendoci anche del suo nel conquistarlo. Quest’anno forse c’è stata qualche indecisione come sul gol della Fiorentina, per il resto credo sia un ragazzo che sta facendo il suo dovere. Purtroppo, non è mai scattata un’empatia tra lui e la piazza, ma soprattutto penso che questa cosa sia dovuta a chi oggi fa l’opinionista o è un addetto ai lavori: questo ragazzo molto spesso viene messo in discussione anche quando non sbaglia. Poi molta gente va dietro a questi pareri ed è un peccato, perché Meret è uno dei portieri più bravi in Italia ed è il portiere del Napoli; quindi, dispiace venga così tartassato e non difeso dalla piazza. Deve resistere, lo vedo come un ragazzo con le spalle larghe: penso che pian piano farà cambiare idea un po’ a tutti quanti». 

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La scuola italiana dei portieri sembra aver ritrovato nuova linfa con portieri interessanti come Wladimiro Falcone del Lecce e Michele Di Gregorio del Monza. Come li valuta? Ritiene ci sia un terzo nome con un futuro garantito ad alti livelli? 

«Forse la sorpresa è Di Gregorio, perché Falcone ha già dimostrato qualcosa in B e già nelle giovanili si parlava un gran bene di lui. Ora si sta confermando nella massima serie, facendo un grande campionato come lo stesso Di Gregorio. Da parte di questo portiere non mi aspettavo una continuità di prestazioni così importanti e questo fa capire che comunque la scuola portieri italiana – che negli ultimi anni è stata messa in discussione – resta sempre la numero uno al mondo. Se devo fare un terzo nome, questi non gioca più in Italia, ed è Vicario del Tottenham che secondo me è un portiere di livello importantissimo. Arriverà ad essere uno dei portieri più forti del panorama europeo».  

Proprio Vicario potrà togliere il posto in nazionale a Donnarumma o comunque a fargli sentire un po’ di competizione? 

«Ben venga la competizione. La Nazionale ha bisogno non solo di competizione tra portieri ma anche tra giocatori di movimento perché bisogna ritornare ad essere l’Italia. Quella che comunque negli anni passati ha stupito. Poi oggi in questo momento, sicuramente Donnarumma ha qualcosina in più rispetto agli altri giovani portieri a livello di esperienza. Ma credo che un po’ di concorrenza faccia bene a tutti quanti». 

Ritiene utile la costruzione dal basso che vediamo in tante squadre? E come secondo lei quest’ultima ha modificato quello che oggi è il ruolo dell’estremo difensore? 

«Sulla costruzione del gioco dal basso ci sono i pro e i contro. Se la fai e la fai bene, riuscendo ad uscire dalla pressione alta, il più delle volte ti ritrovi ad attaccare la squadra avversaria a campo aperto. E questo per un allenatore è importantissimo. Oggi si fa col portiere proprio per trovare subito la superiorità numerica e sinceramente a me piace. Faccio l’allenatore oggi e mi piace vedere le squadre cercare di uscire sempre palla al piede, anche perché sarebbe molto monotono un calcio con la palla lunga, andando sulle seconde palle. Non è il calcio che piace a me. Però, ci sono dei momenti in cui purtroppo non si può costruire dal basso e bisogna essere pratici, trovando soluzioni diverse. Il fatto che il portiere oggi sia impegnato anche in questa fase, dà a questo ruolo, già molto difficile, più responsabilità ed è bello sia così. Se però oggi, anche tra gli allenatori, qualcuno dice ‘preferisco il portiere che sia bravo con i piedi’, ricordo sempre che il portiere prima deve parare, poi, dopo, può essere abile anche con i piedi. Quello è un valore aggiunto».