Home Naples The Day After Garcia, cosa resta tra le macerie della sua gestione?

The Day After Garcia, cosa resta tra le macerie della sua gestione?

Credits: Il Mattino

Rudi l’angioino senza regno, tornato in patria dopo la sconfitta con l’Empoli

Il giorno dopo si contano le ferite. Come un hangover dal quale non si è ancora usciti, il paziente Napoli è in stato di confusione, barcolla e non si regge in piedi. Il gol di Kovalenko nel finale della partita di ieri, dopo l’errore clamoroso di Kvara davanti la porta, è l’ennesimo graffio contro il cattivo gioco dei campioni d’Italia e la mala sorte che ci mette sempre lo zampino, sotto gli occhi in tribuna d’onore dei fratelli Cannavaro, la cui presenza ha suscitato curiosità e interesse.

In casa il Napoli ha un trend da squadra di bassa classifica. Infatti risulta 15° se la classifica viene vista solo per le partite giocate intramoenia. Dieci i gol fatti, addirittura nove quelli subiti. L’ultimo della serie dal centrocampista dell’Empoli. E allora basta, è troppo anche per De Laurentiis. Il quale pare essere – di nuovo – intervenuto negli spogliatoi tra il primo e secondo tempo e abbia fatto passare un pessimo quarto d’ora al mister Garcia. Un po’ come quando il preside se la prende con la professoressa che non è stata capace di tenere a bada gli alunni monelli.

Fortuna audaces iuvat

Nel secondo tempo si è consumato il dramma già noto a tutti. Il tempo per Rudi Garcia sembra essersi esaurito in una giornata tempestosa, in una delle città dove per sentito dire non dovrebbe piovere mai. Ma questo è anche un po’ il riassunto paradossale e infido dell’esperienza del francese sulla panchina del Napoli. Impossibilitato nel costruire la sua idea di calcio essendo dal primo minuto sotto le critiche e i riflettori dei nostalgici spallettiani, non è stato nemmeno mai aiutato da quegli episodi, furtivi ed effimeri, che nel diabolico gioco del calcio, che vive di attimi fuggenti, spesso decidono il cammino vincente di una squadra. Un allenatore quindi anche un po’ iellato, che è come se avesse costantemente una nuvola di Fantozzi appostata sulla testa che richiama eventi negativi.

Dal punto di vista tattico e tecnico, come diceva il commiato Brandon Lee nel film “Il Corvo”: «Non può piovere per sempre». E, come detto, nella splendida Napoli, di acqua ne è passata però fin troppo sotto i ponti. Le infiltrazioni di malumori generali e cattiva gestione hanno fatto saltare le tubature. Tutto questo ha portato, dopo il triplice fischio, i piani alti della dirigenza azzurra a imporre il silenzio stampa ai tesserati e a fissare una riunione per decidere il da farsi.

Spezzato il parafulmine, i giocatori si diano una mossa

In sintonia con l’umore del giorno dopo che rimanda a uno stato mentale di nube perenne, il parafulmine Garcia sul quale sono rovinate piogge di insulti – anche sul personale, e questo non è mai saggio – si è spezzato. Se effettivamente si cambierà guida tecnica, i membri della squadra però ora non possono più nascondersi. Sono chiamati a un moto d’orgoglio e a dimostrare in maniera convincente che quello di troppo era l’allenatore che non è stato capace di prendere per mano il gruppo e trasmettere i suoi totem tecnico-tattici. Altrimenti l’opinione pubblica si prepari a criticare, con la stessa facilità usata per il tecnico, anche qualcuno dei suoi idoli che non sta dimostrando di essere quel campione visto solo pochi mesi fa. Il tempo per le scuse è finito anche per i calciatori.

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Le voci del dissenso

Perfino i più fieri ottimisti non hanno potuto sottrarsi alla volontà della maggioranza. Ieri sera Umberto Chiariello a Campania Sport si è sbottonato, definitivamente, sulle responsabilità della società, dell’allenatore e sulle lacune della guida tecnica. E sui social giornalisti, critici, opinionisti e utenti si sono schierati in un solo coro. In questa Waterloo 2.0, che vede sempre un francese come colpevole massimo, il campo di battaglia a mezzo stampa marcia a pieno ritmo verso la possibilità di un esonero, salvo stravolgimenti di fronte dell’ultima ora.

Cosa è andato storto?

Quando certe avventure non prendano le piega sperata, la cosa migliore è non forzare le cose. E quindi anche il mister non se la prenda della decisione, dell’ incomprensione con i giocatori e con la piazza. Napoli è un tifo che va alimentato soprattutto con le parole come ben faceva Spalletti prima ancora di essere un maestro della tattica. La sensazione è che Garcia sia andato in guerra come un generale senza soldati o, peggio, con i soldati che non rispondevano ai suoi ordini proprio perché non aveva instaurato quel rapporto per il quale tutti si sarebbero sacrificati per la sua causa. E questa è un po’ colpa del monsieur di Nemours che nel frattempo ha subito una sorveglianza totalitaria e inusuale per il mondo del calcio, con il datore di lavoro – il presidente – sempre a vigilare sui suoi passi (e chissà, forse anche intralciato sul modo di giocare che aveva in testa). Ciò è stato anche un po’ colpa dei giocatori, lontani anni luce da quelli ammirati la stagione dello storico terzo scudetto, che sembra un’era geologica fa.

A cosa è chiamato De Laurentiis per battere in ritirata?

Il presidente, raccolto in ossequioso silenzio per mettere in atto la sua nuova strategia (conoscendolo la scelta è già stata effettuata), è quindi chiamato a sradicare il dente che duole. La manovra richiede però rapidità, fermezza e sangue freddo. Ammesso, logicamente, che sia solo quella l’unica causa del dolore.