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Rimbocchiamoci le maniche

Rimboccarsi le maniche e non pensare a quel che è stato. Questa l’unica ricetta, mentale soprattutto, che deve guidare la stagione del Napoli da oggi sino al termine del campionato. Una formula che deve valere per tutto l’ambiente, pena impazzimento calcistico.

Ieri a Torino si è visto un buon Napoli di sicuro, dominante nel primo tempo per possesso palla, palleggio e ritmo. Ma la sensazione, per chi ha visto il match, è stata quella che ci ha accompagnati negli scorsi anni, soprattutto in trasferta, quando incontravamo una grande (esclusa la fantastica stagione 22/23): prima o poi prendiamo gol e la perdiamo.

E così è stato, purtroppo, per un semplice motivo: non siamo più noi i grandi, non ragioniamo più come tali e non abbiamo più la fame che avevamo l’anno scorso. Le ragioni sono ovviamente molteplici, i giornali sportivi sono pieni di articoli filosofeggianti che attribuiscono le colpe all’uno o all’altro, in base alla collocazione “geopolitica” degli scriventi o delle redazioni.

Ma la cosa che conta di più, secondo me, da oggi in poi, è provare a ritrovare la voglia di dominare l’avversario, di sudare la maglia e di uscire a testa alta da una stagione che ha visto il Napoli colpito dallo Tsunami Garcia, una sciagura sportiva, anche in termini di preparazione atletica, paragonabile ai Galeone, Guerini e Zeman versione Napoli.

Credo sia arrivato il momento, però, di mettere da parte anche Garcia: il ciclo terribile è alle spalle, gli ottavi di Champions ad un punto. Mazzarri deve iniziare a dare una fase difensiva alla squadra ed i calciatori ricordarsi che giocare a calcio è un privilegio non un sacrificio. E che a Napoli il “pallone” è parte integrante della città.

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