Perché le due stagioni al Tottenham di Antonio Conte vengono considerate fallimentari? Con l’approdo di Conte sulla panchina del Napoli è giusto mettere i puntini sulle i, analizzando minuziosamente, per i più “scettici”, l’ultima avventura del tecnico leccese in Premier League.
Il tecnico salentino è arrivato sulla panchina degli Spurs nel novembre del 2021, ereditando il posto del coach portoghese Espirito Santo. Nonostante un inizio di stagione inconsistente, l’ex allenatore di Juventus, Inter e Chelsea è riuscito come suo solito a rovesciare le carte in tavola con un incredibile rimonta che ha portato il Tottenham dal nono posto in classifica (e reduce da un 3-0 rifilatogli dallo United) al quarto conquistando un pass per la Champions League, competizione a cui gli Spurs mancavano dalla stagione 19/20. Dal momento del suo arrivo il tecnico originario salentino è riuscito a collezionare 17 vittorie 5 pareggi e 6 sconfitte in campionato, facendo esaltare tra i tanti Heung Min Son diventando primo capocannoniere asiatico in Inghilterra. La media gol di quel Tottenham salì da 0.9 a 2.1 a partita mentre quella delle reti subite scese da 1.6 a 0.9. Nelle 28 partite di Premier al suo primo anno alla guida dei londinesi, Conte ha tenuto un ruolino di marcia in media di 2 punti a partita. I numeri testimoniano dunque lo straordinario lavoro compiuto dal coach ed il suo staff. Nella sua seconda stagione però Conte non è riuscito a trovare la continuità che spesso è caratterizzante nelle sue squadre, portando la società a 10 gare dal termine della stagione ad esonerare l’ex juventino dopo solo 76 panchine all’attivo, lasciando la guida della squadra al suo secondo Christian Stellini (al momento dell’esonero il Tottenham si trovava quarto con due partite in più a +2 dal Newcastle quinto, con una media punti di 1,75 a partita). I motivi dell’addio dal club londinese sarebbero molteplici, il primo come si è detto è stata la mancanza di continuità dei risultati, soprattutto con il mancato passaggio di turno negli ottavi di finale di Champions contro il Milan, ma la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso sarebbe stata il duro sfogo in conferenza stampa dopo l’ultima partita in Premier League contro il Southampton ultimo pareggiata 3-3.
In quel periodo il rapporto tra il tecnico ed i giocatori era definito tossico e marcio, con il primo che non sarebbe riuscito a creare alchimia tra sé ed i suoi assistiti, che consideravano stancanti e monotoni i suoi allenamenti. Tra le altre cause dell’addio di Conte ci sarebbero state tensioni con la società dovute a visioni contrastanti sul mercato, definito poi non facile al termine della sessione dal mister. L’incertezza sul futuro ed il clima teso all’interno dello spogliatoio avrebbero portato il club alla decisione finale. Tutti i recenti allenatori del Tottenham hanno messo a nudo le fragilità dirigenziali del club criticando quella che è tutt’ora la forma mentis utilizzata dal presidente Daniel Levy. Addirittura, Josè Mourinho in una conferenza stampa con la Roma ha riferito che l’unico club della sua carriera che non l’avrebbe stimolato è stato proprio il Tottenham, evidenziando le perplessità suscitate da Antonio Conte prima ed attualmente anche da Ange Postecoglou.