Home Cultura I leoni di Napoli

I leoni di Napoli

Qui Piazza dei Martiri

Se si volesse provare ad associare la città di Napoli a un animale, difficilmente verrebbe in mente di paragonare l’irrequieta e suadente metropoli del Sud Italia alla figura maestosa e imponente del leone. Tanti infatti sono i miti, i riti e le canzoni – da quello della sirena Partenope a quello del ciuccio, simbolo della Napoli calcistica – che raccontano come gli animali più rappresentativi della polis fondata dagli antichi greci siano in realtà ben altri. Il felino pare non essere pervenuto. Ma non è affatto così. Piazza dei Martiri nel quartiere Chiaia, per esempio, è una delle numerose testimonianze di quanto l’animale più forte della savana e la città partenopea siano in realtà molto intrecciati. Ai piedi dell’obelisco realizzato da Emanuele Caggiano ben quattro leoni omaggiano, sfavillanti, i rivoluzionari caduti nelle lotte contro la monarchia borbonica, durante il Regno delle Due Sicilie. Nel marmo di queste sculture è impressa imperitura la memoria e il passato glorioso degli indomiti ribelli scomparsi poco prima dell’unificazione, spinti da un indecifrabile senso di libertà e da un fiorente sentimento di amor patrio che si andava diffondendo a macchia d’olio. Piazza dei Martiri non è però un caso isolato. Nella famosa Sala dei Troni all’interno del Palazzo Reale, il re si faceva trovare su un seggio in legno dorato intarsiato da leoni incisi sui braccioli. Un altro leone si può osservare nel bassorilievo dedicato alla potente famiglia dei Carafa, nei pressi del loro Palazzo a via Toledo. Altrettanto celebre è la Fontana del Leone sita a Mergellina da cui nascono molteplici leggende senza lieto fine e – ahinoi incomplete – ricostruzioni storiche relative al motivo della sua costruzione.

I ruggiti di Vinicio, ‘O Lione

Dalla fantasia senza confini del popolo napoletano la figura nobile e selvaggia dell’animale è stata utilizzata anche nel mondo del calcio per esaltare uno dei calciatori e allenatori più amati alle falde del Vesuvio. Si tratta di Luìs Vinicio, originario della metropoli brasiliana di Belo Horizonte. Detto ‘O lione,per la sua cattiveria sotto porta, Vinicio era un terminale offensivo dotato di un destro potentissimo e di un fisico temprato dalle dure sgomitate degli avversari da cui ne usciva spesso illeso. Il Napoli lo visionò nel lontano 1955 quando la sua prima squadra, il Botafogo, organizzò una tournée europea. I dirigenti partenopei ci videro lungo. Saranno infatti 69 i sigilli del Leone in 152 partite e Vinicio sarà a lungo uno dei migliori marcatori della storia della squadra campana. Una rete che valse la storia fu quella segnata nella partita d’esordio del Napoli (2-1 contro la Juve) nel nuovo stadio, il “San Paolo”, ora “Diego Armando Maradona”, che aprì da quel momento un’era pluridecennale di vittorie e fallimenti del Calcio Napoli, culminata ad oggi con la vittoria del terzo scudetto. Dall’area di rigore a quella tecnica, il passo per ‘O lione fu breve. Il forte legame con la città partenopea lo spinse ad accettare la panchina degli azzurri anche nella sua lunga parentesi da allenatore. Tra il ’73 e il ’76, la squadra governata da Vinicio volava ai vertici del campionato italiano ma sfortunatamente fu solo sfiorata la vittoria finale. La qualità del calcio espresso ai tempi dell’allenatore brasiliano è rimasta però indelebile negli occhi e nei cuori dei tifosi che hanno potuto assistere dal vivo una delle più avvincenti espressioni di “calcio totale”, di cui gli olandesi erano maestri, che andava consolidandosi in quegli anni.

Leggi anche:  Trianon Viviani: al via gli "esercizi di fantasia"

La maschera di Inler

Altrettanto indelebile, e dalle sfumature esilaranti, fu la presentazione nel 2011 del centrocampista svizzero Gokhan Inler, comparso in conferenza stampa indossando una maschera da leone per “eludere” inizialmente la sua identità ai giornalisti. Sorrisi, battute e flash dei fotografi immortalarono l’ennesima mandrakata del presidente Aurelio De Laurentiis. Del mediano ex Udinese, con l’ormai vietata maglia numero 88, si ricordano diversi gol dalla distanza – come quello illusorio allo Stamford Bridge contro il Chelsea agli ottavi di finale di Champions nel 2012, quello del 2-0 in casa del Villareal nella fase a gironi della medesima stagione e uno di pregevole fattura al San Paolo contro la Juve in campionato –, tanta corsa e geometria in mezzo al campo. In carriera ha poi vinto da “attore non protagonista” la Premier con il Leicester dei miracoli e dal 2020 gioca in Turchia (Beşiktaş, İstanbul Başakşehir, Adana Demirspor, in ordine, le casacche indossate). Inler però non ha mai dimenticato Napoli e non mancano manifestazioni d’affetto sui social alla tifoseria azzurra.

Il “gattino” Llorente

Dalle parti di Fuorigrotta è passato anche un giocatore soprannominato “Re Leone” ma che sul campo si è mostrato più come un pigro micetto. Con l’acquisto di Fernando Llorente, infatti, la piazza si aspettava da lui ruggiti e zampate ma sono arrivati solo timidi miagolii e tenere fusa. Solo 3 gol in 20 scialbe presenze, di cui uno in Champions contro il Liverpool, è stato il misero bottino del delantero con la criniera. Una metamorfosi kafkianache ha costretto il club partenopeo a disfarsi di lui molto presto, cedendolo all’Udinese dove la conta dei gol e delle apparizioni non è affatto migliorata. L’attaccante basco era già noto in Italia per aver vinto con la Juve 2 campionati italiani, 2 Coppe Italia, 2 Supercoppe italiane e per aver giocato ad alti livelli al Siviglia e al Tottenham. Con la Nazionale spagnola fu nei 23 che dominarono i Mondiali waka-waka del 2010 e l’Europeo polacco-ucraino del 2012.

Il vichingo Leo

Sempre a proposito di leoni, tra le fila del Napoli attuale, scalpita e fa sentire i propri artigli Leo Skiri Ostigard, che ha acquisito la stima dei tifosi per il suo intrepido temperamento e le sue spiccati doti da stopper mostrate nelle poche presenze ottenute nell’anno del terzo scudetto. Dopo una parentesi poco fortunata in prestito con il Genoa retrocesso, la società partenopea lo ha prelevato la scorsa finestra di mercato estiva dal Brighton come rincalzo del titolare Rrahmani. Un leone di nome e di fatto come si è visto dalle volte in cui è stato chiamato in causa. Toccherà solo attendere che il mister Rudi Garcia liberi “il vichingo”, o bestia feroce che sia, dalla gabbia della panchina.