Il trionfo della volontà. Da quella di Giovanni Simeone, che si procura un rigore alla Osimhen nel primo tempo, quando il Napoli ha dato l’impressione di non poter segnare neanche se la partita fosse durata 3 giorni. A quella di Amir Rrahmani che, favorito da un rimpallo generato da un colpo di testa del piccolo ma pugnace Diego Demme, insacca la palla dentro la porta di Ochoa praticamente allo scadere dei minuti di recupero. Nel mezzo: il primo tempo è stato caratterizzato dalla mancata ricerca della verticalità nei movimenti a favore di un possesso palla orizzontale e sterile, a cui si è aggiunta una preoccupante mancanza di aggressività nel pressing in fase di non possesso. Esemplificativo il gol di Candreva che nasce perché Politano va molle sull’attaccante romano, con Gaetano che ritarda nello scalare in marcatura sul granata, libero di tirare a giro e mandare la palla nel sette. Un approccio quello degli azzurri modificato nel secondo tempo con il cambio di modulo. È la seconda volta che succede in due partite, a dimostrazione che la strada è oramai tracciata. Questa volta Mazzarri sceglie una variante tattica chiara: con la sostituzione di Gaetano per Raspadori, il 3-5-2 si trasforma in un inedito 3-4-1-2 con Kvara finalmente libero di svariare su tutto il fronte d’attacco, dietro le due punte Simeone e per l’appunto Raspadori. Il Napoli ritrova certezze offensive tirando 12 volte nel secondo tempo, quasi il doppio rispetto al primo parziale di gioco. La Salernitana non crea praticamente nulla, ed è costretta a perire sul finale, dopo che Ochoa ha salvato un gol praticamente fatto sul solito tiro di Kvara in area di rigore. Peccato per un’ingenuità del georgiano che da diffidato si fa ammonire, saltando così la prossima gara a Roma in casa della Lazio. Le difficoltà del Napoli ci sono ancora, ma come già affermato dopo le partite precedenti, il cambio di schieramento tattico può rappresentare una svolta dal momento in cui la squadra si presenta come più solida difensivamente, in grado di raddoppiare e triplicare senza rischi il portatore di palla avversario sulla trequarti. La rosa corta a causa di infortuni e squalifiche, oltre che per le partenze in Coppa d’Africa, non può che portare adesso anche ad un maggior utilizzo di Lindstrom, che neanche oggi ha visto il campo. Il 3-4-1-2 (o l’alternativo 3-5-2) può essere la chiave giusta anche per sfruttare al massimo le qualità del nazionale danese, dietro una prima punta di riferimento. Con lo spirito giusto, nessuno degli obiettivi ancora disponibili (qualificazione Champions e vittoria in Supercoppa) può dirsi precluso.