Home Apertura Intervista a Bagni: «Ecco la differenza tra noi dell’87 e i ragazzi...

Intervista a Bagni: «Ecco la differenza tra noi dell’87 e i ragazzi del 2023»

Per descrivere Salvatore Bagni non basterebbe sciorinare il cursus honorum di una carriera a grandi livelli, prima da calciatore, poi da dirigente, oltre che da scopritore di talenti. Sarebbe in realtà molto più esaustivo spiegare il suo rapporto con Napoli. Città in cui non solo ha giocato, e vinto, ma che conosce a menadito, attraversandola e interagendo con essa come se ci fosse praticamente nato. Sono bastati 10 minuti di intervista, tramutatisi poi in quasi un’ora di chiacchiera calcistica, per intendere questa relazione speciale. Argomento principale? Il pallone declinato in chiave Napoli, ovviamente. Perché a Bagni l’azzurro gli è entrato sottopelle, letteralmente, riferendosi alla squadra utilizzando la prima persona plurale, come ogni appassionato che si rispetti. Così ‘O Guerriero’, inossidabile corazziere sul rettangolo verde del D10S argentino, ti parla non solo come un esperto della materia calcio, ma quasi fosse un amico che conosci da sempre. Non è un caso, dunque, che a telecamere spente, sorseggiando un buon caffè seduti al tavolo di un bar della centralissima piazza Carlo III, siano stati decine i napoletani, tutti di generazioni diverse s’intende, che gli hanno chiesto una foto, un autografo o una video dedica da mandare a quel papà o a quello zio che lo ammirava sugli spalti dell’allora San Paolo. Perché il cuore di Partenope non dimentica il simbolo, con la sua storia sportiva, ma soprattutto ne ha da sempre percepito l’uomo e la sua statura. Lo abbiamo quindi intervistato in esclusiva all’indomani di Lazio-Napoli 0-0.

Bagni, partiamo dal commento di Lazio Napoli 0 a 0, un match che ha visto gli azzurri non produrre tiri in porta…

«È stata una partita che nessuno voleva perdere per diversi motivi: il Napoli perché non voleva allontanarsi dalla zona Champions e la Lazio perché non voleva farsi superare dal Napoli. Una partita scialba, con poche occasioni. E noi dalle ultime tre partite, a dire la verità, nella fase difensiva siamo stati bravi. Siamo però mancati nella fase offensiva. Se consideriamo anche le partite con Fiorentina e Inter, la fase difensiva ha registrato un solo gol subito in tre partite contro squadre importanti. Adesso dovremo migliorare e far trovare la condizione migliore a Kvaratskhelia e Osimhen quando tornerà…Speriamo velocemente, anche sicuramente lui non la pensa così adesso».

Ora con l’interpretazione di questo modulo, il 3-4-3/3-5-2, può cambiare qualcosa a livello offensivo o c’è qualche problema di natura tattica?

«No, è il modulo che ovviamente Mazzarri conosce meglio. Secondo me, difficilmente tornerà indietro. Si sente più coperto coi tre centrali che gli danno sicurezza perché sono attenti e fisici. Però, poi, dobbiamo dare la possibilità agli esterni di attaccare. Solo che adesso di palloni giocabili all’attacco non ne arrivano tanti. Anche con la Lazio, Raspadori cosa poteva fare? C’erano lui e Politano isolati, così si fa fatica. Queste partite le puoi pareggiare ma non le puoi vincere, adesso abbiamo bisogno anche di qualche vittoria. Speriamo di iniziare davvero questa domenica».

Si parla del ruolo di Raspadori dall’inizio della stagione. Che idea si è fatto? Lo vede più seconda punta di rifinitura, ala o prima punta?

«È una prima punta in assoluto. È quella cosa lì, poi per esigenze ha fatto il sotto punta, ha fatto l’esterno, qualcuno ha detto anche mezzala ma ovvio che è lontano dalla realtà. Lui ha sostituito discretamente Osimhen, facendo bene, poi quando è uscito dal giro dei titolari ha iniziato a far fatica a ritrovare la condizione. Adesso è un altro Raspadori. Simeone si è fatto trovare discretamente pronto, ma è una terza punta e il non giocare non ti fa trovare la continuità e la condizione giusta per poter andare avanti. Adesso tutti i giocatori sono un po’ tutti sottotono, pur dando il massimo di quello che hanno. L’impegno c’è sempre stato, però facciamo fatica come gambe, come qualità di gioco, nel giocare da fermo. Adesso però abbiamo tempo perché le altre squadre non corrono e noi dobbiamo concentrarci solo sul 4º posto. Le altre ci stanno aspettando ma siamo più forti degli altri, basta ritrovare una condizione decente. Ce la faremo».

Raggiungere il 4º posto quindi è ancora possibile?

«Siamo lontani solo quattro punti. Secondo me l’Atalanta è quella più accreditata, più di Fiorentina, più di Lazio e più di Bologna, anche se il Bologna sta giocando veramente molto bene».

Sul mercato, il Napoli ha concluso alcune operazioni, molti prestiti, 20 milioni per l’acquisto di Ngonge dal Verona. Come giudica questo mercato di riparazione? Si poteva fare qualcosa in più?

«Sicuramente è difficile andare a comprare giocatori titolari di altre squadre, perché poi anche le altre squadre devono andare a cercarsi dei sostituti. Ngonge sicuramente sarà utile quest’anno, ma anche negli anni a venire. Nei pochi minuti che ha giocato si è visto: è rapido, salta l’uomo, ha un buon sinistro. Però è nella stessa posizione di Politano, trattandosi di due mancini che giocano a destra. Vedremo. Resta un giocatore sul quale puntare. Dendoncker è invece un giocatore fisico. Adesso tornerà Anguissa e se continueremo a giocare con questo modulo, i quattro di centrocampo, a parte gli esterni, giocheranno nei due nel mezzo. E i titolari saranno Anguissa e Lobotka, non c’è dubbio. E poi c’è anche Cajuste».

Per la difesa pare sia saltato l’arrivo del centrale di difesa Perez dall’Udinese. La società avrebbe dunque deciso di continuare a puntare su Ostigard. È la scelta giusta?

«Gli scandinavi in generale sono persone che fanno il loro dovere con molta professionalità. Lui ha avuto pochissimo spazio, ma incredibilmente ha fatto molto bene. Ne ho trattati molti di scandinavi. E devo dire la verità che da questo punto di vista sono tutti uguali: ligi al lavoro, silenziosi, pedalano e si fanno trovare pronti. Grande merito dunque anche a Ostigard che sarà utile in questo modulo. Aspettando anche Natan, però al momento il norvegese si merita il posto nei tre titolari perché ovviamente Di Lorenzo giocherà a destra. Se dovessero giocare così, troverà meno spazio Mazzocchi, perché Di Lorenzo sarà impiegato sulla destra».

Leggi anche:  Acquachiara Napoli: mille lezioni di nuoto gratis per tutti

Questa annata del Napoli è un po’ particolare, con un crollo dei risultati dopo il grande successo dello scudetto. Lei che lo scudetto l’ha vinto ed è arrivato con quella squadra a fare quasi il bis l’anno dopo, può dirci se nella testa dei calciatori del Napoli attuale è cambiato qualcosa per causare un calo di rendimento del genere?

«Ma guarda, noi andavamo con un filo di gas, avevamo un entusiasmo esagerato, abbiamo buttato uno dei più bei campionati del Calcio Napoli, quello dell’1987-88. Abbiamo giocato meglio dell’anno dello scudetto, poi alla fine, pensando di vincerlo, l’abbiamo perso. E ci sta perché le giornate devono essere giocate tutte e 30, non solo 25 come abbiamo fatto noi. Però avevamo entusiasmo. E quell’entusiasmo di vincere un campionato ti deve rimanere anche l’anno dopo, mentre questa squadra, anche per ammissione del presidente, ha fatto degli errori nella scelta di allenatore. L’allenatore secondo me non è entrato in empatia con la squadra perché ha voluto mettere in campo le sue idee. Io però ho sempre pensato che una cosa perfetta non va toccata. I giocatori erano un po’ frastornati perché sono andati in difficoltà. Poi c’è stato il cambio con Mazzarri: sicuramente lo spogliatoio è stato ritrovato, però i giocatori sono rimasti frastornati, fuori condizione fisicamente. Adesso stanno recuperando un po’ di condizione, perciò è stato tutto un susseguirsi di errori».

Forse rispetto al vostro, c’è una differenza anche di gruppo. Tra l’86 e il 1988 c’erano grandi campioni affermati come Maradona, Bagni per l’appunto, e Giordano. Alcuni dei ragazzi di oggi sono campioni sì, ma pur sempre dei giovani in rampa di lancio. Forse hanno peccato un po’ di inesperienza?

«Noi eravamo una squadra esperta, ma non è quello. Se tu vinci un campionato a Napoli devi andare d’inerzia anche l’anno dopo. Dopo aver vinto il campionato, tornai a casa per la nascita di mio figlio e vincemmo una Coppa Italia senza neanche allenarci, facendo successivamente 13 vittorie consecutive. Era l’inerzia della felicità di quello scudetto. Quest’anno non c’è stata, ma nessuno si aspettava un campionato del genere. Ci si aspettava un Napoli in lotta almeno per i primi tre posti, in grado di giocarsi fino alla fine il campionato. Sarebbe stato comunque difficile, pensiamo all’Inter: è partita tre volte da favorita e ancora non ha vinto niente con Inzaghi. Adesso abbiamo la Champions e sono fiducioso. Il Barcellona è in difficoltà quanto noi e anzi sta andando peggio di noi, perché subisce tanti gol e la squadra è un po’ anarchica».

Possiamo dire che il Napoli non parte sconfitto?

«Col Barcellona no. A parte i nove gol che hanno subito nelle ultime due partite, sono andati fuori dalla Coppa del Rey e hanno perso la Supercoppa con il Real Madrid. Sono terzi in campionato, perciò non possono vincere niente e hanno anche loro la chance della Champions League, pur avendo grossi problemi. Perché giocare poi a Barcellona la partita di ritorno anche per loro sarà una tensione totale. Adesso vedremo il risultato della partita d’andata».

Sul futuro del calcio italiano: si parla tanto di Superlega, i diritti tv la fanno da padrone. Forse è andata anche a scemare quella passione che c’era una volta, con stadi sempre più vuoti, tranne che per alcune eccezioni. Come vede il futuro del calcio italiano nel contesto europeo?

«Il prossimo anno ci sarà un’altra Champions a 36 squadre tutte nello stesso girone e ci saranno più partite. La Supercoppa si è giocata con quattro squadre».

Anche questa è un’altra assurdità…

«Il Mondiale sarà allargato, stessa cosa l’Europeo. Ormai si qualificano tutte, non puoi non qualificarti. Ed è solo fatto per avere più partite a disposizione con orari diversi, per dare visibilità a tutti e soprattutto guadagnare tutti di più. Anche il Napoli sembrava che col presidente non volesse andare a giocare la Supercoppa in Arabia, poi ci è andato. È tutta una questione economica purtroppo. Una volta era diverso: arrivavi primo e giocavi la Coppa dei Campioni, vincevi la Coppa Italia e giocavi la Coppa delle Coppe, se arrivavi secondo o terzo giocavi invece la Coppa Uefa. Era molto semplice, ma non c’erano questi interessi. E’ cambiato tutto. Certo, ovvio poi che la gente comprenda che non si tratta più di un fatto sportivo, ma economico».

Il campionato saudita è un pericolo per la tenuta sportiva ed economica di quelli europei?

«Questo non lo so. So però che molti di quei calciatori che sono andati lì per diversi motivi, anche Gabri Veiga che era uno degli obiettivi del Napoli, vorrebbero cambiare aria. Ma è già successo ad altri giocatori perché poi in un altro Paese la cultura è diversa, devi viverci. I contratti di due-tre-quattro anni fanno parte del gioco, perché tu vai là per tantissimi soldi ma poi devi viverci. Magari con la speranza di poter giocare uno-due anni e tornare indietro. Però, sai, avrei accettato anch’io quelle cifre, solo Zielinski non le ha accettate perché è veramente un professionista totale, eccezionale sia come persona che come giocatore. Secondo me non è stato trattato benissimo dopo otto anni. Meritava qualcosa di più in più».

Grazie mille Bagni.

«È stato un piacere».