Pietro Diodato, innanzitutto militante del MSI, dirigente Nazionale di AN, già Consigliere Comunale, poi Consigliere Regionale, una vita dedicata alla politica, possiamo dire. Il titolo di questo libro è chiaro, anche forte. Perché “Tradita”, questa destra?
“Tradita da pochi soggetti rispetto a milioni di italiani che hanno abbracciato la causa della destra, prima del Movimento Sociale Italiano, poi di Alleanza Nazionale e anche del PDL. Alcuni non si sono comportati secondo i canoni per i quali tanti dirigenti e militanti hanno sacrificato la loro vita, per costruire una comunità che è stata affidata a persone che su questa comunità hanno lucrato, hanno fatto carriera, raggiungendo anche livelli importanti della vita istituzionale. Ripeto, poche mele marce rispetto a un mondo che si è distinto per operosità, coerenza, valori e rispetto degli ideali”.
Leggendo il libro si ha l’impressione che si tratti di un libro di storia e di storie, nel senso che la storia della destra sociale, del Movimento Sociale, poi di Alleanza Nazionale e dei suoi sviluppi successivi è una storia costituita da tante storie personali. È un percorso che sta continuando o che si è in qualche modo concluso?
“Una storia è fatta di storie, anche personali. La destra è in continua evoluzione ed oggi è affidata a un altro partito. Questo non è diretta espressione di Alleanza Nazionale, perché c’è stata la frattura con lo scioglimento di AN, la nascita del PDL, e successivamente di qualche altra componente di destra, tra cui è rimasta in piedi solo quella attuale di FdI. Ci sono similitudini con Alleanza Nazionale, ma FdI non si riconosce del tutto in AN. L’elettorato, i simpatizzanti, molti dirigenti hanno comunque quella provenienza e sono oggi al governo; cosa che non è capitata al Movimento Sociale Italiano e solo per qualche tempo ad AN. Le somme si potranno tirare tra qualche anno, adesso è troppo prematuro”.
Uno dei primi capitoli del libro è dedicato alla ricostruzione delle amministrative del 2021 al Comune di Napoli, con il racconto dettagliato della mancata consegna delle liste con la sua candidatura e quelle dei suoi candidati. I riverberi di quanto accaduto portarono poi alla sua espulsione dal partito al quale chiede delle scuse ufficiali, nazionali, da parte di chi era commissario all’epoca, Del Mastro, e dal dirigente che si occupa dell’organizzazione, Donzelli. Conferma quanto è scritto nel libro e rientrerebbe mai in Fratelli d’Italia nel caso arrivassero queste scuse?
“Confermo quanto scritto nel libro e potrei aggiungere anche di più. Ma non sono rammaricato, non ho risentimenti nei confronti né dei singoli né del partito dei Fratelli d’Italia. È stato un momento in cui ho preso atto che non c’era più spazio. D’altronde, io mi dimisi dal partito o, meglio, dissi che, se non mi fosse stata riconosciuta la mia buona fede nella circostanza, avrebbero dovuto considerare quella mia memoria come una lettera di dimissioni dal partito. Non lo fecero, preferirono, chissà, forse rendermi esempio di non so quale tipo. E penso che meno che mai io potessi essere il soggetto attraverso il quale dare l’esempio a qualcuno, per la mia storia. Alla fine, comunque, preferirono qualche giorno dopo mandarmi la lettera di espulsione dal partito, circostanza che racconto con molta serenità. Ho preso atto che non c’erano più le condizioni per fare politica in quel partito e forse politica in generale, perché sono cambiati i tempi, sono cambiati gli uomini, è cambiato il contesto sociale. Oggi si ha purtroppo a che fare con una classe dirigente che non ha avuto la trafila che ciascuno di noi ha avuto nel passato, non è passata per le forche caudine di un’opposizione fatta come si deve, come si conviene a una forza politica che perde le elezioni. Oggi ci sono altri contesti, altri modi di concepire la politica”.
Nel simbolo di Fratelli d’Italia c’è ancora il simbolo della fiamma. Quindi, non la sente più come la sua casa politica?
“L’uso della fiamma è sicuramente un’operazione di marketing, perché la fiamma è di proprietà della Fondazione di Alleanza Nazionale; quindi, è di proprietà di tutti coloro i quali hanno contribuito a formare il patrimonio prima economico che ora è gestito dalla Fondazione di Alleanza Nazionale, poi anche il patrimonio umano, culturale e di ricordi, di memorie che la Fondazione dovrebbe custodire ma che viceversa, come racconto nel libro, credo che non sia ben custodito”.
Una parte corposa del libro è dedicata alle battaglie portate avanti in Consiglio Comunale e in Consiglio Regionale. Con fatti che all’epoca – stiamo parlando prima dell’amministrazione Bassolino, poi di Iervolino – ebbero risonanza anche nazionale: la battaglia sugli stipendi gonfiati, sull’affidamento del patrimonio comunale alla Romeo, la manutenzione stradale… Le chiedo, di tutte queste battaglie, a cui aggiungo anche quella della crisi dei rifiuti su Pianura, quante sono state vinte e quante invece sono ancora lì a chiedere giustizia?
“Le battaglie sono tante. Sono tutte elencate, dimostrate e documentate. Quella degli stipendi gonfiati portò all’individuazione dei colpevoli, e anche al danno di circa 5 milioni di euro che all’epoca il Comune di Napoli subì. Non so se li ha recuperati da quelli che vennero poi arrestati, che comunque andarono a processo e infine vennero condannati. La battaglia sul patrimonio affonda le radici negli anni ’70, ’80, quando iniziò ad essere depauperato e devalorizzato. Ogni tanto viene a galla qualche scandalo che riguarda il patrimonio del Comune di Napoli, da ultimo proprio il mese scorso, quello dell’ennesima accusa della Corte dei Conti, per cui c’è un buco di 283 milioni di euro che hanno accertato a causa della mala gestione del patrimonio del Comune di Napoli. È storia vecchia, storia antica che ogni tanto viene a galla, ma mi sembra che non ci siano le volontà necessarie per mettere veramente a reddito il patrimonio di Napoli, una città dove l’amministrazione soffre dal punto di vista economico e le tasse, i tributi sono ai massimi livelli per i cittadini che non hanno un ritorno in termini di servizi”.
“Altre battaglie sono state vinte. Devo dire che per tutto quanto da me denunciato e per tutto quanto fatto emergere, sì, sono state qualche volta annunciate querele, non ne ho mai ricevute. Quelle poche che ho ricevuto, le ho vinte. Quindi, la soddisfazione mia personale è quella di essere stato in grado di far venire alla luce queste storie. Non so se ne abbia beneficiato la città, però almeno posso affermare che c’era qualcuno che non si arrendeva e che non ha mai ammainato la bandiera dell’opposizione finché l’ha fatta.”
C’è un aneddoto all’interno del libro riguardante la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato, Ignazio La Russa. È stato ripreso anche da giornali nazionali e riguarda una presunta molestia nei confronti di una ragazza allora assistente del politico Luigi Muro. La Russa poi l’ha querelata?
“Al momento non ho ricevuto nessun atto né citazione. Mi è stato promesso che la cosa si sarebbe poi trasferita nelle aule dei tribunali. Io aspetto che si vada nelle aule dei tribunali, vediamo. Come dissero i fiorentini: ‘Voi suonerete le vostre trombe e noi suoneremo le nostre campane.’ Ho anche proposto un iter più rapido, visto che si tratta di un punto d’onore: non si può più sfidare a duello come si faceva fino agli inizi del ‘900, ma possiamo anche far nominare al Presidente del Partito dei Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, un giurì d’onore e vediamo chi ha torto o ragione. Se avrò torto, sarò pronto ad andare in esilio e a lasciare l’Italia, ma se dovesse avere torto la seconda carica dello Stato, allora quest’ultimo si deve dimettere.”
Lei conosce molto bene Italo Bocchino. Il libro ne ricostruisce in parte anche la parabola politica. Come giudica il fatto che è ultimamente spesso presente in salotti televisivi in qualità di opinionista, quasi a difensore d’ufficio di questo governo pur non ricoprendo cariche politiche?
“Sul piano della comunicazione è sempre stato molto bravo, bisogna dargliene atto. Nei palazzi e nel palazzo ho sempre detto che è uno dei migliori perché ha delle caratteristiche che gli consentono di trattare con tutti, di essere duttile in queste cose. Infatti, faccio spesso la battuta, non so se è la prima versione di Renzi o se Renzi è la versione aggiornata di Bocchino. Si tratta di uno molto scaltro, capace. Adesso in qualche TV nazionale credo che ci vada, perché in quanto direttore del Secolo d’Italia avrà forse qualche contratto: è un opinionista che difende questo governo, giustamente da destra, ed a Napoli per un bel po’ di anni ha avuto ruoli politici di primo piano. Insomma, sul piano personale e sul piano del rapporto con il gruppo, la componente che faceva capo a lui, ci sono molte cose che poi col tempo sono venute a galla ed hanno gettato delle ombre sui suoi rapporti, sul suo modo di fare politica. Bisogna prendere atto che lungo il percorso di vita di ciascuno di noi, in politica e al di fuori della politica, purtroppo, si fanno degli incontri che non sempre danno risultati positivi”.
Faccio un’ultima domanda: si è mai pentito di aver seguito Fini nell’esperienza di Futuro e Libertà o ha qualche altro rimpianto?
“No, assolutamente. Nella mia vita, per ciò che concerne le battaglie politiche o i rapporti, ho sempre avuto il pensiero che dovesse sbagliare l’altro. Quindi non ho mai abbandonato, a partire dalla mia relazione coniugale, matrimoniale: conosco mia moglie da quando aveva 16 anni, siamo sposati da 38 anni. Io, Alleanza Nazionale, l’ho lasciata quando siamo passati nel PDL e votai contro lo scioglimento di Alleanza Nazionale. Ho votato contro lo scioglimento del Movimento Sociale Italiano nel 1995 a Fiuggi. Quindi nel 2009, 40 di noi su 400 votammo contro lo scioglimento e la confluenza nel PDL di Alleanza Nazionale. Sono stato quello che con Futuro e Libertà, insieme a Roberto Menia e pochi altri dirigenti, chiudemmo a chiave la porta della sede che era in una traversa di via Veneto a Roma e quindi si sciolse Futuro e Libertà. Ho seguito Fini, ho ritenuto Fini il mio segretario con molti errori che ha fatto, che lui stesso ha riconosciuto, ma era il mio segretario. Non avrei mai potuto tradirlo, indipendentemente, ripeto, da alcuni errori che lui stesso ha riconosciuto. Errori importanti, errori gravi, ma che come ad un padre di famiglia, gli si perdonano.”