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La coscienza di Zielu

Ancora Napoli nel futuro di Zielinski. No all’Arabia e rinnovo con gli azzurri

“C’è chi dice no. Io non mi muovo”, canta Vasco Rossi in uno dei suoi intramontabili singoli. E così Piotr Zielinski, per gli amici ‘Zielu’, non si è mosso da Napoli nonostante le incessanti sirene arabe. Ora si lavora a un rinnovo – in dirittura d’arrivo – con ingaggio addirittura ridimensionato. Una scelta, la sua, completamente rivoluzionaria ma coscienziosa preferendo la gloria a una “pensione d’oro” che lo avrebbe allontanato definitivamente dal calcio che conta alla soglia dei 30 anni.

Sembrava infatti ufficiale l’operazione con l’Al-Hilal. Il Napoli aveva virato sul sostituto, il gioiellino spagnolo Gabri Veiga dal Celta Vigo. Poi il dietrofront improvviso del polacco fa saltare le carte in tavola. Veiga viene soffiato all’ultimo proprio dalla squadra saudita, con tanto di sfottò social, sebbene fossero già state prenotate le consuete visite mediche a Villa Stuart, tra l’imbarazzo degli esperti di calciomercato che avevano dato per fatto l’affare.

Last Survivor

Il ‘no’ di Zielo però ha radici profonde che affondano tra l’orgoglio personale e il senso di appartenenza a una squadra, una città. E al Napoli Piotr Zielinski è imprescindibile. Sarà per la sua estrema fantasia, il tocco celestiale, la sterzata facile, il dribbling ubriacante; sarà perché appare sempre circondato da una scia danzante che sfoggia con disarmante semplicità ma il polacco è da tempo a questa parte l’asso nella manica di una squadra divenuta una corazzata quasi perfetta.

E poi si tratta dell’unico azzurro, insieme a Mario Rui, superstite alla partita-psicodramma a Firenze contro la Viola, dove la squadra deragliò e fuoriuscì dai binari scudetto nella stagione 2017-2018, per poi riprendersi tutto ciò per cui aveva sempre lottato nella primavera scorsa, alzando il terzo scudetto partenopeo. Rimarrà per sempre iconico il suo accasciarsi a terra e stendersi sul prato dell’Allianz Stadium di Torino per assorbire e godersi tutto il dolce momento della vittoria contro la Juventus con gol vittoria di Raspadori nel finale.

Gli esordi

Che si trattasse di un talento puro quelle volpi dello scouting dell’Udinese lo avevano capito più di un decennio fa. I primi passi del Nostro sono stati però allo Zaglebie Lubin, squadra polacca che ha svezzato anche i talenti di Piszczek e Piatek. È passato per 100mila euro all’Udinese, società-cantiere di talenti, l’El Dorado della famiglia Pozzo. Ha esordito in A nel dicembre 2012 nella sfida casalinga vinta dai bianconeri per 4-1 contro il Cagliari. Ed è stato rivenduto al Napoli, quattro anni dopo, a 15 milioni di euro. In mezzo, due anni a farsi le ossa in prestito all’Empoli dove ha giocato con continuità e ha iniziato a segnare con regolarità.

La carriera partenopea Zielinski è iniziata nell’estate del 2016 come vice-Hamsik, capitano e per un periodo anche recordman di gol della storia del club. Il 2 dicembre dello stesso anno ha segnato il primo gol con la maglia del Napoli contro l’Inter all’allora San Paolo, nel 3-0 complessivo. Totalmente al centro del gioco anche nell’ultimo giro di giostra sarriana terminata fragorosamente due stagioni più tardi nella già menzionata partita di Firenze dove si è chiuso un ciclo.

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Da Ancelotti a Gattuso

Con l’arrivo Ancelotti si è passati dalla padella alla brace. La luna di miele tra allenatore e giocatori finisce molto presto: l’ammutinamento, la confusione tattica e il clima irrespirabile in casa Napoli hanno portato De Laurentiis ad allontanare la ditta Ancelotti & Son dopo un anno e pochi mesi. La sensazione è che questa è considerata come la peggiore parentesi di Zielinski con la maglia partenopea, imprigionato spesso nella mediana di centrocampo.

A Gattuso, allenatore chiamato in corsa nel dicembre 2019 a una manovra di salvataggio di una squadra allo sbaraglio, il compito di riaccendere la lampadina al genio che sembrava avesse perso di brillantezza. Missione parzialmente compiuta: in quella stagione il Napoli ha vinto la Coppa Italia contro la Juve e Zielinski ha agguantato il suo primo trofeo in carriera. Nella seconda è esploso tutto il suo talento cristallino: 8 gol e 13 assist complessivi. Una continuità di rendimento mai raggiunta fino a quel momento.

La consacrazione

Con Spalletti ritorna mezz’ala nel 4-3-3, ruolo disegnato apposta per lui dal tecnico di Certaldo: poco apporto in fase difensiva ma tanta libertà di giostrare palloni come solo lui sa fare. Raggiungendo la consacrazione lo scorso anno quando sembrava benedetto dagli dei del calcio che hanno scelto lui come apostolo capace di diffondere il vangelo del football (gli scettici si vedano la partita in casa del Liverpool dell’anno scorso).

Nei sette anni di Napoli sono 47 i gol in 331 partite e la conta è destinata a salire. Nemmeno mister Garcia può fare a meno di lui. Contro Frosinone e Sassuolo si è visto un Zielinski gold edition che ha giganteggiato in lungo e in largo, dispensando lezioni di geometria euclidea con i piedi, baciato da un’ispirazione divina tangibile. Movimenti imprevedibili e azioni create dal nulla della serie: daccene ancora. Prestazioni che hanno già fatto dimenticare la beffa di mercato.

Ora o mai più

Zielinski si loda anche quando a volte sparisce, si smaterializza, gioca in pantofole, si nasconde. Il vero neo su cui tutti pongono la lente d’ingrandimento è la sua discontinuità che è in parte il suo castigo. Altrimenti staremmo parlando di un fuoriclasse assoluto che farebbe gola ai club più blasonati del mondo. Sarà anche e soprattutto responsabilità del mister transalpino a lavorare su di lui affinché i famosi blackout non sopraggiungano più. Un giocatore come Zielinski, maestro dell’estro e faro dell’assist, alla fin fine si può solo ammirare e amare per lo spettacolo che offre ogniqualvolta scende in campo.