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L’analisi: Se dietro il crollo della Vela Celeste di Scampia ci fosse la mano dell’uomo?

La Procura di Napoli, intanto, indaga per omicidio colposo

Stava lì, immota, uguale a sé stessa nel degrado e nell’abbandono da circa mezzo secolo: a suo modo, come le consorelle abbattute a partire dalla seconda metà degli anni 90, simbolo della città di Napoli come e, forse, oggi più dello stesso Vesuvio o dello splendido Golfo. La Vela Celeste sembrava destinata a non crollare mai, come di cadere giù, nel lontano 1997, non ne voleva sapere la Vela F: primo dei sette edifici pensati dall’architetto Francesco Di Salvo e tirati su in quel di Scampia, tra il 1962 ed il 1975, destinato ad essere abbattuto. Un’ingente carica di esplosivo posta alle sue basi, ai tempi dell’Amministrazione Bassolino, le fece appena appena un leggero solletico; tanto che la struttura portante restò praticamente intatta e per farla venir giù si dovette ricorrere, un anno dopo, alle ruspe che faticarono non poco a demolire quel mostro di cemento. Stavolta, però, l’imprevedibile è accaduto; quello che mai ti saresti aspettato si è manifestato; il fato, cinico e baro, ha tirato uno dei suoi tiri mancini più cattivi e beffardi: in un’afosa serata di fine luglio dell’estate 2024, appena mitigata dalle piogge repentine e fugaci della giornata appena ‘scorsa, un ballatoio è crollato senza che si fosse avuta la benché minima avvisaglia di un cedimento strutturale prima di ieri, portando via con sé 14 persone, 14 esseri umani, 14 vite, tutte dello stesso nucleo familiare, due delle quali sotto le macerie della Vela Celeste ci sono rimaste; mentre per le altre, molte delle quali bambini tra i 2 e i 10 anni, si prega e si spera che non si debba annotare e scrivere lo stesso, macabro, finale. Siamo proprio così sicuri che il destino, l’incedere del tempo, l’incuria, l’usura c’entrino effettivamente qualcosa con l’immane tragedia consumatasi ieri in quel che resta dell’ex piazza di spaccio più grande d’Europa oppure, così come a caldo hanno sussurrato alcuni degli 800 sfollati a seguito dell’inaspettato e tragico crollo, ci sia, come spesso in questi casi, la mano complice dell’uomo? In altre parole, l’aver trasformato un’area ancora densamente abitata in un cantiere perenne, in vista di una di quelle operazione di marketing urbanistico-territoriale che tanto piace a quei salottini che la periferia la conoscono solo nella lettura che di essa dà il proprio pregiudizio, potrebbe aver intaccato le fondamenta, fin qui solide solidissime, dell’edificio e generata la tragedia che ha ucciso due persone e ferite in maniera grave o gravissima altre dodici? Dubbi, domande, interrogativi ai quali , si spera, darà risposta in tempi che si auspicano celeri la Procura di Napoli che, al momento, ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di reato di omicidio colposo. Scampia e la città tutta chiedono a Nicola Gratteri di sapere se, come si scrive e dice in questi casi, la tragedia poteva essere evitata oppure se qualche mano, politica, amministrativa, imprenditoriale sia macchiata del sangue innocente versato ieri per quella Vela che non navigava ma, come il mare, da mezzo secolo faceva parte dell’immagine, bella o meno bella, della Capitale del Mezzogiorno d’Italia.