La sentenza del giudice sportivo Gerardo Mastrandrea sul caso Acerbi-Juan Jesus è sicuramente ineccepibile da un punto di vista giuridico. Il comunicato emesso a tal scopo è molto chiaro: in pratica pur essendoci stata l’offesa in quanto il “proferimento di alcune parole da parte dell’Acerbi nei confronti di Juan Jesus è sicuramente compatibile con l’espressione di offese rivolte, peraltro non platealmente (con modalità tali cioè da non essere percepite dagli altri calciatori in campo, dagli Ufficiali di gara o dai rappresentanti della Procura a bordo del recinto di giuoco), dal calciatore interista, e non disconosciute nel loro tenore offensivo e minaccioso dal medesimo ‘offendente’” mancano prove a riguardo l’accusa di razzismo perché “l’irrogazione di sanzioni così gravose sia corrispondentemente assistita da un benché minimo corredo probatorio, o quanto meno da indizi gravi, precisi e concordanti in modo da raggiungere al riguardo una ragionevole certezza (cfr. per tutte Corte federale d’appello, SS.UU., 11 maggio 2021, n. 105)”. Ordunque, c’è stato un insulto da parte di Acerbi a Jesus, ma non si sa se è stato di matrice razzista, perché siamo sempre alla parola di Jesus contro quella di Acerbi, poiché “nella fattispecie la sequenza degli avvenimenti e il contesto dei comportamenti è teoricamente compatibile anche con una diversa ricostruzione dei fatti, essendo raggiunta sicuramente la prova dell’offesa ma rimanendo il contenuto gravemente discriminatorio confinato alle parole del soggetto offeso, senza alcun ulteriore supporto probatorio e indiziario esterno, diretto e indiretto, anche di tipo testimoniale”. Ma se in punta di diritto, l’assoluzione di Acerbi può considerarsi formalmente corretta, in sostanza si è persa un’occasione sul delicato fronte della lotta al razzismo. Tematica su cui a partire da Fifa, Uefa fino arrivare ai campionati nazionali, Lega Serie A in testa, si fanno numerose campagne di sensibilizzazione. Non ultima “Keep Racism Out”, campagna antidiscriminazioni promossa in collaborazione con UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri) per garantire la parità di trattamento, la tutela dei diritti umani nel calcio e per tenere il razzismo lontano dai nostri stadi. Si legge sul sito dell’iniziativa: “Una presa di posizione forte e decisa, sancita dall’adesione di Lega Serie A all’Osservatorio Nazionale contro le discriminazioni nello sport, il primo in Europa, al fine di monitorare gli episodi di razzismo in ambito sportivo, fornendo report periodici e precise analisi di questo drammatico fenomeno da estirpare”. Tutto ciò coinvolgendo i protagonisti dello sport più popolare in Italia: calciatori, allenatori, addetti ai lavori con tanto di patch adesiva e messaggio a favor di telecamera nelle interviste post-partita. Tornando all’episodio in questione, per ogni persona dotata di un minimo d’intelletto non vi è il minimo dubbio che Acerbi abbia davvero proferito ingiurie razziste al collega del Napoli. Allora perché scusarsi sul campo, per poi rimangiarsi tutto interpellato dai cronisti alla stazione centrale di Milano dopo l’esclusione (a questo punto momentanea) dalla Nazionale? Né è credibile la sua versione rilasciata in Procura Federale secondo cui gli avrebbe detto “Ti faccio nero” quasi fosse un personaggio di Dragon Ball Z. È chiaro che da parte del giudice Mastrandrea si è preferito optare per l’assoluzione piuttosto che per una soluzione ancor più all’italiana, per cui Acerbi avrebbe potuto essere sanzionato con 2-3 giornate di squalifica per semplice condotta antisportiva e non per 10 con l’accusa ben più grave di razzismo. Una pezza a colori forse addirittura più surreale, in nome del “ti puniamo comunque ma facciamo finta di non sapere il perché”. Forse, però, sarebbe stato più corretto riprendere qualche precedente giurisprudenziale recente: il caso dell’ex attaccante del Pisa Michele Marconi squalificato nel 2021 per 10 giornate per frasi discriminatorie rivolte al giocatore del Chievo Obi. Nella sentenza si legge che “non è necessaria la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento di ogni ragionevole dubbio, come nel processo penale, ma può ritenersi sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire una ragionevole certezza in ordine alla commissione dell’illecito”. Oppure come giustamente ricordato su X (ex Twitter) dal giornalista Mirko Calemme, quando nel 2021 la Corte Federale d’Appello confermò le 10 giornate di squalifica a Claudio Santini del Padova per un insulto razzista a Shaka Mawuli, basandosi sul “principio consolidato in giurisprudenza” secondo il quale “il fatto contestato può essere ritenuto provato anche se il quadro probatorio sia formato dalle sole dichiarazioni della persona offesa, purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità della presenza di riscontri esterni“. Calemme giustamente ha sottolineato che nel caso Santini, c’era anche la presenza di un testimone, ciò non toglie che il principio della Corte resta. Per il caso Acerbi è prevalsa dunque una pilatesca ragion del diritto, rafforzata dalla mancanza di tracce audio o video del “vai via nero, sei solo un negro” proferito da Acerbi secondo la deposizione di Jesus in Procura Federale. Per paradosso, è quasi lecito pensare a questo punto che Juan Jesus sia un diffamatore. Tutto ciò nella settimana in cui uno dei primi 5 calciatori al mondo, Vinicius Jr, stella del Real Madrid e del Brasile, ultramilionario, piange nel corso della conferenza stampa prepartita per l’amichevole Spagna-Brasile quando gli viene chiesto degli insulti razzisti – lo squallido repertorio va dagli ululati, all’urlare ‘scimpanzé’ o al lancio di banane – che ogni settimana gli vengono indirizzati sui campi della Liga. “Penso che sia qualcosa di molto triste quello che sta accadendo in ogni partita e non riguarda solo me, non riguarda solo la Spagna, succede in tutto il mondo. Il razzista è libero, non viene denunciato, io lotto affinché nel prossimo futuro non succeda più a nessuno quello che sto vivendo io. Voglio che le cose cambino, che, quando vengo a parlare con la stampa non debba parlare di questo. A volte mi viene meno la voglia di giocare ma ho il sostegno della mia famiglia e quella tranquillità mentale che mi permette di essere qui e parlare a nome di così tante persone”. Ha dichiarato l’ala brasiliana dopo un momento di commozione. A dimostrazione di una piaga tutt’altro che debellata anche nel resto d’Europa. Il calcio italiano dal canto suo, per citare uno striscione degli Ultras ’72 del Napoli, ha dato ancora una volta prova di essere un “sistema ipocrita”. Anche perché Acerbi è un calciatore indubbiamente forte, tra i pilastri del blocco Inter che parteciperà all’imminente Europeo vestendo la maglia azzurra. A pensar male si ha il dubbio che gli sia stato riservato uno “special treatment” che ci fa fare ancora una volta una pessima figura a livello mondiale come Paese. Allora non resta che plaudire a quanto deciso dalla Ssc Napoli ovvero di tirarsi fuori da ogni iniziativa antirazzista del sistema, quindi di Lega Calcio e Figc, per intraprendere la lotta al razzismo autonomamente. Lo si deve a Juan Jesus ma soprattutto ai tanti ragazzini che su spelacchiati campi di periferia hanno bisogno di apprendere i sani valori dello sport e non i disvalori di un circus in cui tutto è permesso, anche chiamare negro un avversario. Tanto alla fine la si fa franca comunque.