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L’ultimo saluto al Kaiser

Franz Beckenbauer si è spento all’età di 78 anni. Chi era il libero che ha rivoluzionato per sempre il modo di difendere

Due palloni d’Oro, un Mondiale, un Europeo, tre Coppe dei Campioni, una Coppa delle Coppe, cinque campionati tedeschi, quattro Coppe di Germania e quella fantastica semifinale “del secolo” di Messico ’70 contro l’Italia giocando con la fascia al braccio per un infortunio alla spalla. Questa è solo una parte dell’eredità immensa che lascia Franz ‘Der Kaiser’ Beckenbauer, andato oltre all’età di 78 anni.

Una vita dedicata al calcio e, soprattutto, al Bayern Monaco, giocando 575 partite e diventando ben presto la colonna portante di una squadra che con lui ha vinto tutto. Impossibile per Pelé non inserirlo nella sua lista tra i 100 calciatori più forti di tutti i tempi. Lui, che nei rivoluzionari anni ’70 – per il mondo del calcio e non solo – ha stravolto il significato del mestiere di difendere e del ruolo di “libero”, diventato subito obsoleto grazie alla sua pesantissima influenza e modo di intendere quella posizione. Maestoso, eroico e preciso. In sintesi un perfetto teutonico. Per tutti nominato il Kaiser, ovvero l’Imperatore, per la sua immensa classe ed eleganza di cui si è impossessato negli anni e che ha dimostrato anche fuori dal campo e non solo in Germania.

In pochi infatti ricordano che Beckenbauer oltre ad aver fatto le fortune a Monaco di Baviera per circa un quindicennio decide di trasferirsi ai NY Cosmos (squadra in cui militò anche Pelé) portando il team ad alzare tre trofei nordamericani. Ci ritornerà, ai Cosmos, dopo un’ultima esaltante stagione all’Amburgo, dove alzerà il suo ultimo trofeo da giocatore, vincendo il campionato nazionale.

I numeri da allenatore e la carriera da dirigente

Una leggenda senza tempo che ha ingigantito il suo palmares anche da allenatore. Un argento e un oro ai Mondiali ’86-’90 da commissario tecnico della Federazione tedesca, in due epici scontri contro l’Argentina di Maradona. Insieme a Didier Deschamps e Mario Zagallo, Beckenbauer detiene quindi il privilegio di essere campione del mondo sia da calciatore che da allenatore. Nel ’93 torna una prima volta in Baviera ad allenare il Bayern vincendo un campionato. Lascia dopo un anno per rientrare, trionfalmente, nel 1995, portando la squadra bavarese a conquistare la Coppa Uefa. Nel 2002 è diventato il nuovo direttore amministrativo della società. Nel 2006 è stato eletto presidente del comitato organizzatore del campionato del mondo dello stesso anno. Dal 2007 al 2011, ha presieduto la vicepresidenza della FIFA. Il 27 novembre 2009, ha lasciato la carica presidenziale e la direzione amministrativa del Bayern Monaco e il giorno seguente, è stato insignito del titolo di presidente onorario del club bavarese.

Il mondo del calcio ricorda l’eterno ‘libero’

«Beckenbauer è uno dei più forti della storia e una fonte di ispirazione. Il paragone con lui mi metteva a disagio», queste le dichiarazioni cariche di sentimento e ammirazione di Franco Baresi, colossale difensore del Milan “pigliatutto”. «Ha riscritto la storia del calcio» invece dice pieno di malinconia Karl-Heinz Rummenigge, numero uno del Bayern Monaco, ed ex compagno di squadra del Kaiser oltre che suo giocatore nella spedizione mondiale dell’86 in Messico. E ancora, Sacchi: «Oggi è un giorno triste, perdiamo una leggenda del nostro sport», Capello: «Era un perfezionista». Per Gianni Rivera, eroe del Milan e della Nazionale, Beckenbauer è stato «il calciatore tedesco più forte di tutti i tempi». Per il Bayern «l’unico Imperatore». Questi sono solo alcuni degli omaggi rilasciati dai protagonisti del mondo del calcio, riunitisi in lutto per la perdita di uno dei giocatori che, al pari di Pelé, Crujiff, Maradona, ha rivoluzionato per sempre il modo di intendere questo sport, divenendo metro massimo di paragone per tutti quelli che sono venuti dopo (in Italia Scirea e lo stesso Baresi).

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Le sfide più avvincenti del Kaiser

Delle circa 680 partite giocate in carriera tra campionato e coppe si ricordano diverse partite che sono entrate nella storia del calcio con Beckenbauer protagonista. Impossibile non menzionare la finale mondiale del 1966 disputata a Wembley dove i tedeschi dovettero arrendersi agli inglesi (e alle decisioni arbitrali a dir poco casalinghe) per 4-2, in seguito a 120 minuti di puro agonismo, sotto gli occhi attenti della Regina Elisabetta II. Il Kaiser aveva trascinato la sua Germania con 4 gol in quel Mondiale e in finale dovette fronteggiare sir Bobby Charlton che avrà la meglio.

Altra memorabile partita è quella considerata “del secolo”. Semifinale mondiale ’70, Italia-Germania 4-3, stadio Azteca, Città del Messico. All’entrata dell’impianto ora è scolpita una targa che ricorda la portata di quell’evento sportivo che non ha più avuto eguali a quei livelli, per lo spirito di gioco espresso in campo e per quella imprevedibilità nel risultato. Una combattività e una grinta impressa negli occhi di Beckenbauer che si vede fasciarsi il braccio per una lussazione alla spalla. Esaurite le due sostituzioni allora consentite, il capitano leggendario della Germania decide di rimanere stoicamente in campo, lanciando un messaggio chiaro ai compagni e avversari.

Beckenbauer con il braccio fasciato in occasione della semifinale mondiale 1970 contro l’Italia

Così come arrembanti sono state le sue prestazioni, e quelle dei suoi compagni, all’Europeo 1972 e al Mondiale 1974 culminati con la vittoria della Germania prima sull’ex URSS e poi sull’Olanda che si trovava in piena golden age mettendo in funzione quel famoso “calcio totale” di cui oggi si sente ancora parlare.

La finale mondiale 1974 tra Olanda e Germania Ovest.

Nella carriera di club è con il Bayern che si hanno i ricordi più dolci: la doppia sfida per sancire la vincitrice della Coppa Campioni contro l’Atletico è un manifesto di cosa significasse avere un libero come Beckenbauer. Quella finale finita prima in pareggio e poi rigiocata qualche giorno dopo (non erano previsti tempi supplementari e rigori), l’ha spuntata la squadra del Kaiser Franz. Da quel successo, di Coppe Campioni ne sono arrivate altre due di fila sempre con Beckenbauer capitano indiscusso. Da sottolineare anche la sfida della semifinale di ritiorno contro il Saint-Etienne (1974-1975) in cui, durante uno 0-0 spento di emozioni, il capitano della nazionale tedesca prende l’iniziativa e scaglia il pallone in rete con quello che poi diventerà il suo marchio di fabbrica: il tiro d’esterno.

Ripetizione della finale di Coppa dei Campioni 1973-74 tra Atletico Madrid e Bayern Monaco, disputata allo stadio Heysel di Bruxelles. Il Bayern si affermerà con un sonoro 4-0, dopo il pareggio per 1-1 della prima gara.

Gary Lineker, brillante attaccante inglese degli anni ’80 e ‘90, ha detto dopo la vittoria tedesca al termine della semifinale contro la Germania Ovest durante il mondiale italiano del 1990: «Il football è uno sport semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince». In panchina c’era ovviamente Beckenbauer. Con lui si vince sempre.