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Napoli-Atalanta: capolinea della corsa Champions

Articolo di Sergio Tocci

Sgomberiamo il campo. Nessuno si aspetta o chiede al Napoli di quest’anno le prestazioni e le vittorie dell’anno scorso. L’annata è sicuramente particolare e strana, fatta di pochi alti e tantissimi bassi, ma fa parte del gioco e bisognava da inizio anno cercare le giuste contromisure quantomeno per giocarsi la zona Champions. Quella di ieri è stata l’ultima indegna prova del Napoli che alla Champions dell’anno prossimo dice addio. In molti attaccheranno la guida tecnica, che invece non ha colpe, se non quella di aver optato per un terzino più tecnico e meno fisico come Mario Rui, contro il suo avversario di fascia Hateboer (molto più fisico e di gamba). Il primo goal, infatti, nasce da un miss-match che il portoghese non può vincere, vedendosi saltare in testa Hateboer che la rimette al centro per il tap-in vincente dei bergamaschi. La partita è già finita o quasi, e non perché il Napoli non abbia creato occasioni, ma perché è una squadra poco solida soprattutto mentalmente. Prendere un goal a questa squadra pesa come un macigno, e in un’annata particolare come questa, prenderne tanti, fa male assai. Il secondo ed il terzo goal della Dea, che ha disputato una buonissima gara, sono semplicemente il susseguirsi degli eventi, che quest’anno il Napoli non riesce più a comandare e portare dalla propria parte, ma ne è vittima in ogni momento dei 90’.

Con l’ultima sconfitta a Maradona si certifica sicuramente l’uscita dalla Champions League, e forse anche dall’Europa League, ma soprattutto si certifica anche il primo attacco mediatico del tecnico Calzona alla squadra, rea di essere troppo confusa nella fase di offesa e molto fragile nella fase di difesa.  Tanti tifosi questa estate, forse anche giustamente, gridavano allo scandalo per non aver rimpiazzato Kim Min-jae, con un difensore all’altezza, e ne avevano pienamente ragione. De Laurentiis ha sbagliato anche l’impossibile quest’anno, dalle scelte dei collaboratori più stretti come Meluso, alle scelte di panchina. Certo è che le debolezze difensive non sono da appioppare al povero Juan Jesus, che si ritrova a fare il titolare nel Napoli scudettato, quando ed era solamente un buon panchinaro. Sbaglia chi pensa a reparto difensivo come il solo Juan Jesus, o solamente alla linea dei quattro. Si attacca in undici e si difende in undici. Il primo difensore del Napoli è mister 130 milioni, Victor Osimhen, che dovrebbe aiutare la squadra con una pressione costante sulla squadra avversaria, ma che evidentemente si è spento dal momento in cui l’arbitro ha decretato il triplice fischio nella gara di ritorno di Champions League in casa del Barcellona. E poi gli altri a seguire, Politano che non ne azzecca più una avendo tirato la famosa carretta da inizio anno, Zielinski che non ha più voglia di giocare e combattere per questa maglia (e lo si vede palesemente), Raspadori alla ricerca di sé stesso, Anguissa lontano parente del giocatore dinamico che abbiamo visto dal suo arrivo in squadra, ed anche il capitano Di Lorenzo che pian piano si sta facendo risucchiare in questo vortice negativo. Ngonge, Mazzocchi, Lindstrom, Traore sono troppo inesperti per poter dare una scossa a questa squadra e soprattutto sono stati comprati e richiesti da Mazzarri. Quest’anno è stato fatto un mercato dove nessun giocatore comprato è divenuto titolare.
 

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L’unica nota positiva è che più passa il tempo e più ci si avvicina alla fine del campionato, che vorrà dire rifondazione. È superfluo parlare di calcio giocato e di campo quando ci sono tutte queste componenti da risolvere ed appianare. I giocatori possono anche star benissimo fisicamente, ma se non sono focalizzati sulla vittoria, non se ne cava un ragno dal buco. Ci vorrebbe una campagna acquisti faraonica, che sarebbe stata possibile con la cessione di Osimhen e l’ingresso in Champions League. Così non sarà, perché verranno a mancare circa 35 milioni di euro per il mancato accesso nella competizione della coppa dalle grandi orecchie. Ma forse prima di parlare di mercato, il presidente De Laurentiis dovrebbe investire dei soldi su un direttore sportivo all’altezza e tenersi l’attuale direttore sportivo Meluso delegandolo ad altri compiti, e poi partire da un tecnico con le idee chiare e forte di carattere, possibilmente che sappia trasferire tutto ciò alla squadra. Purtroppo, quest’anno De Laurentiis ha sbagliato anche nella scelta di non prendere un ottimo allenatore come Tudor, preferendogli Mazzarri. Da quel preciso istante si è messo fine alla parola campioni d’Italia e alla lotta per la zona Champions. Ci rimane solo il salvare la stagione con delle prestazioni dignitose per i tifosi che pagano il biglietto e non fanno mai mancare il supporto a questa squadra.