di Dario Curcio
Risparmieremo ai lettori, promesso, la classica, trita e ritrita o, data la pietanza in oggetto, sarebbe meglio scrivere bollita e ribollita citazione della storia della famigerata minestra riscaldata. Fuor di metafora culinaria, perciò, andando diretti allo stomaco come un piatto di peperoni ‘mbuttunati alla napoletana, serviti e gustati prima di mettersi a letto, scriveremo subito che, a nostro dire, il paventato, da alcuni, ritorno di Walter Mazzarri sulla panchina del Napoli, risulterebbe, a fine stagione, indigesto a società, squadra ed ambiente azzurri quanto e più del proseguire con il bello ca nun abball’ con passaporto francese alias Rudi Garcia.
Maledetta nostalgia
Spiace per chi, sui social e fuori, da giorni ha portato in tendenza l’hashtag Mazzarri: avvalorando un sentiment nostalgico-affettivo di una parte della tifoseria azzurra e degli addetti ai lavori per una nuova avventura napoletana del tecnico livornese protagonista della prima conquista di un trofeo e della prima qualificazione in Champions League dell’era De Laurentiis; ma, senza scomodare il menù e i riferimenti alle sue portate, molteplici paiono i motivi che sconsigliano o sconsiglierebbero una scelta che, in confidenza, siamo convinti, checché ne dicano i soliti malinformati, il presidente del Napoli non valuta possibile neppure come extrema ratio – poi, magari, saremo smentiti un minuto dopo la pubblicazione di questo articolo -.
Che ne è rimasto del Mazzari di Napoli?
Anzitutto, se l’attuale tecnico transalpino dei partenopei è da molti reputato un ex allenatore, mestamente avviato sul viale del tramonto, il fumantino mister toscano è già allo stadio successivo dell’umarell (parola d’origine bolognese che sta ad indicare il pensionato che s’aggira per cantieri con la caratteristica posa mani dietro le spalle): ai giardinetti pubblici da circa un anno e mezzo dopo un’ultima stagione, fallimentare, culminata con esonero e retrocessione, alla guida del Cagliari nel 2022. Secondariamente, Napoli ed il Napoli sono stati il punto di arrivo e il traguardo mai più raggiunto e mai più eguagliabile del toscanaccio Walter che, lasciati proditoriamente gli azzurri per accasarsi all’Inter (peccato che Napoli sia una città di lunga storia ma di corta memoria), da allora ha collezionato solo fallimenti ed esoneri in serie con gli stessi nerazzurri prima e con il Torino e i già citati sardi poi.
Aurelio e Walter, amici-nemici
Infine, last but not least, come scriverebbero quelli che hanno fatti studi importanti, presidente ed allenatore erano caratterialmente incompatibili già ai tempi della prima, fortunata esperienza napoletana di Mazzarri; e, inoltre, è risaputo che il proprietario della Società sportiva calcio Napoli difficilmente torna sui suoi passi soprattutto se, come nel caso dell’addio del tecnico oggi invocato dalla piazza come salvatore della patria, pensi e creda di aver subito un torto o un semplice sgarbo dalla controparte che, quando diede l’addio al club, lo fece celando fino all’ultimo l’intesa di massima già raggiunta con una delle due squadre di Milano; rifiutò l’assegno in bianco proposto dalla proprietà per rinnovare il contratto e proseguire la sua esperienza alla guida tecnica; accusò la presidenza di averlo spinto a lasciare per mancanza di ambizione sul calciomercato con lui che chiedeva campioni e la società che proponeva di proseguire sulla strada dei giovani talenti da scoprire e valorizzare. E adesso, scusatemi, ma la minestra non riscaldata mi chiama.